Tema della Costituzione Italiana

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view post Posted on 2/7/2008, 11:16

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Testo integrale dell'articolo 11 della nostra Costituzione:

"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo."

Da questo punto potresti affrontare il discorso in due punti esattamente come accade per l'articolo: per prima cosa potresti discutere di come l'Italia faccia leva su questo articolo per esempio per partecipare alle missioni di pace tipo quelle in Libano, in Afghanistan ecc...... e poi visto che, nella seconda parte dell'articolo, si fa riferimento alle organizzazioni internazionali come è ad esempio l'ONU potresti affrontare il discorso su quello...
In ogni caso se scrivi su Google "articolo 11 costituzione" ti escono molti articoli relativi, non solo il testo della Costituzione, qui te ne posto uno trovato dal sito della Difesa Italiana.


L’articolo 11 della Costituzione è diventato il comodo paravento dietro il quale troppo spesso i nostri vertici politici si nascondono per non assumersi la responsabilità di autorizzare operazioni militari di carattere offensivo, intendendo con questo termine le attività volte a individuare e neutralizzare (catturare o uccidere) il nemico.
Gli obblighi connessi con trattati e alleanze, nonché l’ambizione di ricoprire un ruolo internazionale di primo piano, impediscono loro di sottrarsi in toto ai propri doveri. Ma un éscamotage molto all’italiana - l’appellativo ‘di pace’ con cui qualifichiamo tutti i nostri interventi militari - è stato finora in grado di evitarci la ‘prima linea’ e di tenere a bada le agguerrite minoranze pacifiste.

L’appellativo ‘di pace’, tuttavia, non elimina il piombo del nemico che c’è e non distingue tra soldati di pace e non. Inoltre, è una vera palla al piede per i comandanti, costretti a fare la guerra senza che ciò venga riconosciuto ufficialmente, a subire costantemente l’iniziativa degli avversari che possono colpire quando vogliono e dove vogliono e a vedersi limitare numero e tipo degli armamenti da chi teme che i nostri contingenti possano apparire eccessivamente bellicosi. I soldati sono così costretti a operare in una continua ambiguità, estremamente deleteria sia per il morale che per l’efficienza operativa.

Ogni tanto qualcuno vorrebbe autorizzare una presenza più incisiva per non perpetuare la fama di inaffidabilità che tanto ci ha penalizzati e ci penalizza, ma ci sono le prime due righe dell’articolo 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”. Ma è veramente così apodittico questo articolo? Volevano veramente questo i padri costituenti?

La prima considerazione è sul significato del verbo ‘ripudiare’. Ripudiare = rinnegare, sconfessare, respingere, rifiutare (Grande Dizionario Garzanti della lingua italiana). Il verbo, in realtà, esprime solo un orientamento morale e intellettuale di completo rifiuto di impiegare la guerra come soluzione dei contenziosi con gli altri popoli, ma non la proibisce in maniera assoluta, non impone il divieto giuridico di imbracciare le armi, altrimenti non esisterebbero le Forze Armate. La guerra per la difesa del territorio nazionale, ad esempio, è certamente lecita. La stessa Costituzione parla di dichiarazione di guerra, di obbligatorietà del servizio militare, di difesa della Patria. Ma cosa s’intende oggi per “difesa della Patria”?

Mentre il concetto classico di Patria e della sua difesa è andato sfumando, le esigenze e le responsabilità legate ai trattati internazionali, alle risoluzioni dell’Onu, agli interessi della Unione Europea e dell’intero Occidente, una maggiore attenzione verso comunità oppresse, si sono sovrapposti alla sola tutela del territorio nazionale, estendendo - e di molt -, il concetto di Patria e di difesa. Anche il nemico è sostanzialmente mutato e l’articolo 11 spesso non si attaglia alla realtà.

La Costituzione parla di guerra cioè di controversie tra popoli e Stati, ma oggi non sempre il nemico si identifica con uno Stato sovrano o con un popolo. Nei casi Bosnia, Kosovo e Iraq è successo, ma il nemico principale del periodo storico in cui viviamo è il terrorismo, un’entità sovrannazionale che si estende a pelle di leopardo su territori immensi, non ha confini né ambasciatori né una diplomazia con cui poter trattare. Spesso copre vastissimi interessi economici, si basa sul terrore e sulla mancanza di principi umanitari, non si mostra, non ha divise, si confonde con la popolazione, non ha pietà per donne e bambini, non si ferma davanti a nulla pur di conseguire i propri fini. Irretisce e usa giovani resi fanatici dalla propaganda, dalla ignoranza, dall’indigenza, dall’istigazione all’odio.

In realtà il nuovo nemico da battere ha le stesse caratteristiche delle grandi organizzazioni criminali, pur agendo in un contesto assai diverso e impiegando anche armi e tattiche, che in certi ambiti solo degli eserciti possono contrastare. Nella fattispecie, il termine ‘guerra’ è dunque inadeguato e non ha più il significato che gli dava l’articolo 11. La fantasia italica si può sbizzarrire per trovare dei vocaboli che meglio si attaglino alle situazioni operative che stiamo vivendo ma aboliamo il termine fuorviante di “missione di pace” quando dall’altra parte c’è chi uccide senza pietà i nostri soldati o quelli dei nostri alleati. Meglio, forse, “missioni militari per il mantenimento della pace”.

La rilettura dell’articolo 11 sembra quindi lasciare lo spazio per interventi dei nostri soldati più incisivi dei pattugliamenti, della distribuzione del latte o della costruzione di scuole. Fare missioni esclusivamente passive sarebbe come limitare l’attività delle forze di polizia alla protezione dei minacciati di morte dalla malavita o alla ricostruzione dei negozi fatti saltare dalla mafia bandendo ogni iniziativa per individuare, stanare, arrestare o eliminare i delinquenti.

La reinterpretazione della Costituzione non è certo ispirata da ideali bellicisti e ben si comprende chi teme che il superamento dell’articolo 11 possa aprire il vaso di Pandora con il rischio di gettare nuovamente l’Italia negli orrori della guerra ma d’altra parte solo così ogni ipocrisia verrebbe a cadere. Infatti va pretesa dai nostri governanti una scelta di campo netta adottata per chiara decisione politica, senza ambiguità umilianti e senza i condizionamenti di un articolo di legge scritto 60 anni fa in un contesto completamente diverso.

Se si partecipa ad una missione è perché se ne condividono le finalità e bisogna farlo a pieno titolo, rischiando e impegnandosi a fondo. Ciò significa essere disposti a fare quei sacrifici che oggi altri fanno per noi, a confrontarsi con i consolidati tabù culturali di cui è infarcita la nostra società, in realtà più imbelle che realmente pacifista, ad avere forze armate agguerrite e addestrate a uccidere, bene armate ed equipaggiate, con regole d’ingaggio, comandanti e mentalità idonei.

In caso contrario, non si partecipa e i governi si assumono la piena responsabilità della decisione sia in campo internazionale sia nei confronti della opinione pubblica nazionale. Così facendo la Costituzione tornerebbe a essere un grande riferimento giuridico e morale e non l’alibi dei pavidi e degli indecisi.
 
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